Nel libro XI de Lo spirito delle leggi, Montesquieu traccia la teoria della separazione dei poteri. Partendo dalla considerazione che il "potere assoluto corrompe assolutamente", l'autore analizza i tre generi di poteri che vi sono in ogni Stato: il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario.
Montesquieu cercò di dimostrare
come, sotto la diversità capricciosa degli eventi, la storia abbia un ordine e
manifesti l'azione di leggi
costanti. Le
istituzioni e le leggi dei vari popoli non costituiscono qualcosa di casuale e
arbitrario, ma sono strettamente condizionate dalla natura dei popoli stessi,
dai loro costumi, dalla loro religione, ecc. Al pari di ogni essere vivente
anche gli uomini, e quindi le società, sono sottoposte a regole fondamentali che
scaturiscono dall'intreccio stesso delle
cose.
Queste regole non debbono considerarsi assolute, cioè
indipendenti dallo spazio e dal tempo; esse al contrario, variano col mutare
delle situazioni; come i vari tipi di governo e delle diverse specie
di società. Ma quali sono i modelli fondamentali in cui si può organizzare
il governo degli uomini?
Montesquieu nel lungo capitolo XXVIII, l'ultimo del libro
diciannovesimo, analizza i generi di poteri, e traccia la costituzione
fondamentale di un governo.
Montesquieu nell'esporla
tocca il suo apice, rendendo accessibili i temi fondamentali della libertà
politica, e quindi i tipi di governo degli uomini; che sono tre: la repubblica,
la monarchia e il dispotismo.
Ciascuno di questi tre
tipi di governo ha propri principi e proprie regole che non devono essere
confusi tra loro.
Il
principio basiòlare della repubblica è la virtù, cioè l'amor di patria e
dell'uguaglianza; il principio della monarchia è l'onore; il principio del
dispotismo, il terrore.
"Per
scoprirne la natura è sufficiente l'idea che ne hanno gli uomini meno istruiti.
Io suppongo tre definizioni o piuttosto tre fatti: che il governo repubblicano
sia quello in cui il popolo, nel suo complesso o soltanto parte di esso, detiene
il potere sovrano; il monarchico quello in cui uno solo governa, ma attraverso
leggi fisse e stabilite; mentre nel governo dispotico un solo individuo, senza
leggi né regole, trascina tutto secondo la sua volontà o I suoi capricci”.
Quest'ultima forma di governo non
retto dalle leggi, ma dalla forza e dall'arbitrio illimitato di un singolo, é
considerato da Montesquieu un ordinamento minato da una permanente
contraddizione: esso dovrebbe garantire la sicurezza e la pace dei sudditi a
prezzo della loro libertà, ma la
tranquillità e la sicurezza sono incompatibili con il terrore, che è il
principio su cui si fonda il suo
potere.
Al polo
opposto del dispotismo è la repubblica, cioè la forma di governo in cui il
popolo è al tempo stesso monarca e suddito. L'essenza di questo governo è che il
popolo fa le leggi ed elegge i magistrati, detenendo sia la sovranità
legislativa che quella esecutiva. Tale governo si basa
sulla
ltotale devozione del singolo agli interessi della comunità. Mancando queste due
fondamentali condizioni le repubbliche decadono e si trasformano in
tirannie
La
forma che sta in mezzo è la “monarchia regolata”, cioè la monarchia
costituzionale, in cui Montesquieu vede le caratteristiche positive sia del
regime monarchico assoluto che di quello repubblicano. L'esempio di questa forma
di governo a "costituzione mista" è rappresentato dall'Inghilterra, che
Montesquieu considera come la più alta espressione di
libertà.
"Ma la
tesi fondamentale - prosegue Montesquieu- è che può dirsi libera solo quella
costituzione in cui nessun governante possa abusare del potere a lui confidato.
L'unica garanzia contro tale abuso è che
"il
potere arresti il potere", cioè la divisione dei poteri: il legislativo,
l'esecutivo e il giudiziario (i tre poteri fondamentali) debbono essere affidati
a mani diverse, in modo che ciascuno di essi possa impedire all'altro di
esorbitare dai suoi limiti convertendosi in abuso dispotico. La riunione di
questi poteri nelle stesse mani, siano esse quelle del popolo o del despota,
annullerebbe la libertà perchè annullerebbe quella "bilancia dei poteri" che
costituisce l'unica salvaguardia o "garanzia" costituzionale in cui risiede la
libertà effettiva. Una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica".
Libro XVIII
"LIBERTA' - Non vi è parola che abbia ricevuto, maggior
numero di significati diversi, e che abbia colpito la mente in tante maniere
come quella di libertà. Gli uni l'hanno intesa come la felicità di deporre colui a
cui avevano conferito un potere tirannico; gli altri, come la facoltà di
eleggere quelli a cui dovevano obbedire; altri ancora, come il diritto di essere
armati e di poter esercitare la violenza; altri infine come il privilegio di non
essere governati che da un uomo della propria nazione, o dalle proprie leggi. Un
certo popolo ha preso per molto tempo la libertà per l'uso di portare una lunga
barba. Alcuni hanno dato questo nome a una forma di governo e ne hanno escluso
le altre. Coloro che avevano gradito il governo repubblicano, l'hanno messa
nella repubblica; quelli che avevano goduto del governo monarchico, nella
monarchia
"Infine, siccome
nella democrazia sembra che il popolo faccia più o meno quello che vuole, la
libertà è stata collocata in questo genere di governo, e si è confuso il potere
del popolo con la libertà del popolo. E' vero che nelle democrazie sembra
che il popolo faccia ciò che vuole; ma
la
libertà politica non consiste affatto nel fare ciò che si vuole. In uno Stato,
vale a dire in una società dove ci sono delle leggi, la libertà può consistere
soltanto nel poter fare ciò che si deve volere, e nel non essere costretti a
fare ciò che non si deve
volere. Bisogna fissarsi bene nella mente che cosa è
l'indipendenza, e che cosa è la libertà".
"La libertà è il diritto di fare tutto quello che le leggi
permettono; e se un cittadino potesse fare quello che esse proibiscono, non vi
sarebbe più libertà, perché tutti gli altri avrebbero del pari questo potere. La
democrazia e l'aristocrazia non sono Stati liberi per loro natura. La libertà
politica non si trova che nei governi moderati. Tuttavia non sempre è negli
Stati moderati; vi è soltanto quando non si abusa del potere; ma è una
esperienza eterna che qualunque uomo che ha un certo potere è portato ad
abusarne; va avanti finché trova dei limiti. Chi lo direbbe! Perfino la virtù ha
bisogno di limiti. . In ogni Stato vi sono tre generi di poteri:
il
potere legislativo, il potere esecutivo e il potere
giudiziario
"Quando nella stessa persona o nello stesso corpo di
magistratura il potere legislativo è unito al potere esecutivo, non vi è
libértà, poiché si può temere che lo stesso monarca, o lo stesso senato,
facciano leggi tiranniche per eseguirle tirannicamente. Non vi è nemmeno libertà
se il potere giudiziario non è separato dal potere legislativo e
dall'esecutivo.
Se fosse unito al potere
legislativo, il potere sulla vita e la libertà dei cittadini sarebbe
arbitrario: infatti il giudice sarebbe legislatore. Se fosse unito al potere
esecutivo, il giudice potrebbe avere la forza di un oppressore. Tutto sarebbe
perduto se lo stesso uomo, o lo stesso corpo di maggiorenti, o di nobili, o di
popolo, esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di
eseguire le decisioni pubbliche, e quello di giudicare i delitti o le
controversie dei privati [...]".
"
Il
potere giudiziario non dev'essere affidato a un senato permanente, ma dev'essere
esercitato da persone tratte dal grosso del popolo, in dati tempi dell'anno,
nella maniera prescritta dalla legge, per formare un tribunale che duri soltanto
quanto lo richiede la
necessità. In tal modo il potere giudiziario, così terribile fra gli
uomini, non essendo legato né a un certo stato né a una certa professione,
diventa, per così dire, invisibile e nullo. Non si hanno continuamente dei
giudici davanti agli occhi, e si teme la magistratura e non i magistrati.
Bisogna inoltre che, nelle accuse gravi, il colpevole, d'accordo con le leggi,
si scelga i giudici; o per lo meno che possa rifiutarne un numero tale che
quelli che rimangono siano reputati essere di sua scelta. Gli altri due poteri
potrebbero esser conferiti piuttosto a magistrati o ad organismi permanenti,
poiché non vengono esercitati nei riguardi di alcun privato: non essendo, l'uno,
che la volontà generale dello Stato, e l'altro che l'esecuzione di questa
volontà. Ma se i tribunali non devono essere fissi, i giudizi devono esserlo a
un punto tale da costituire sempre un preciso testo di legge. Se fossero una
opinione particolare del giudice, si vivrebbe nella società senza conoscere
esattamente gli impegni che vi si contraggono [...]".
" Poiché, in uno Stato libero,
qualunque individuo che si presume abbia lo spirito libero deve governarsi da se
medesimo, bisognerebbe che il corpo del popolo avesse il potere legislativo. Ma
siccome ciò è impossibile nei grandi Stati, e soggetto a molti inconvenienti nei
piccoli, bisogna che il popolo faccia per mezzo dei suoi
rappresentanti tutto quello che non può fare da sé . Si conoscono molto meglio i
bisogni della propria città che quelli delle altre città, e si giudica meglio la
capacità dei propri vicini che quella degli altri compatrioti. Non bisogna
dunque, che i membri del corpo legislativo siano tratti in generale dal corpo
della nazione, ma conviene che in ogni luogo principale gli abitanti si scelgano
un
rappresentante. Il
grande vantaggio dei rappresentanti è
che sono capaci di discutere gli affari.
Il popolo non vi è per
nulla adatto, il
che costituisce uno dei grandi inconvenienti della democrazia. Non è necessario
che i rappresentanti, che hanno ricevuto da chi li ha scelti una istruzione
generale, ne ricevano una particolare su ciascun affare, come si pratica nelle
diete della Germania.E' vero che, in tal modo, la parola dei deputati sarebbe
più diretta espressione della voce nazionale; ma farebbe incappare in lungaggini
infinite, renderebbe ogni deputato padrone di tutti gli altri, e, nei casi più
urgenti, tutta la forza della nazione potrebbe essere arrestata da un capriccio
[...]".
"Il potere legislativo verrà
affidato e al corpo dei nobili e al corpo che sarà scelto per rappresentare il
popolo, ciascuno dei quali avrà le proprie assemblee e le proprie deliberazioni
a parte, e vedute e interessi distinti. Dei tre poteri di cui abbiamo parlato,
quello giudiziario è in qualche senso nullo. Non ne restano che due; e siccome
hanno bisogno di un potere regolatore per temperarli, la parte del corpo
legislativo composta di nobili è adattissima a produrre questo effetto
"Il
potere esecutivo deve essere nelle mani d'un monarca perché questa parte del
governo, che ha bisogno quasi sempre d'una azione istantanea, è amministrata meglio
da uno che da parecchi; mentre ciò che dipende dal potere legislativo è spesso
ordinato meglio da parecchi anziché da uno solo. Infatti, se non vi fosse
monarca, e il potere esecutivo fosse affidato a un certo numero di persone
tratte dal corpo legislativo, non vi sarebbe piú libertà, perché i due poteri
sarebbero uniti, le stesse persone avendo talvolta parte, e sempre potendola
avere, nell'uno e nell'altro. Se il corpo legislativo rimanesse per un tempo
considerevole senza riunirsi, non vi sarebbe più libertà. Infatti vi si
verificherebbe l'una cosa o l'altra: o non vi sarebbero più risoluzioni
legislative, e lo Stato cadrebbe nell'anarchia; o queste risoluzioni verrebbero
prese dal potere esecutivo, il quale diventerebbe assoluto
[...]".
"Se il corpo legislativo fosse riunito in permanenza,
potrebbe capitare che non si facesse che sostituire nuovi deputati a quelli che
muoiono; e in questo caso, una volta che il corpo legislativo fosse
corrotto, il male sarebbe senza rimedio. Quando diversi corpi legislativi
si susseguono gli uni agli altri, il popolo, che ha cattiva opinione del corpo
legislativo attuale, trasferisce, con ragione, le proprie speranze su quello che
succederà. Ma se si trattasse sempre dello stesso corpo, il popolo, una volta
vistolo corrotto, non spererebbe più niente dalle sue leggi, s'infurierebbe o
cadrebbe nell'apatia
[...]".
"Il
potere esecutivo, come dicemmo, deve prender parte alla legislazione con la sua
facoltà d'impedire di spogliarsi delle sue prerogative. Ma se il potere
legislativo prende parte all'esecuzione, il potere esecutivo sarà ugualmente
perduto. Se il monarca prendesse parte alla legislazione con la facoltà di
statuire, non vi sarebbe più libertà. Ma siccome è necessario che abbia parte
nella legislazione per difendersi, bisogna che vi partecipi con la sua facoltà
d'impedire.
"Siccome tutte le cose umane hanno una fine, lo Stato di
cui parliamo perderà la sua libertà, perirà. Roma, Sparta e Cartagine sono pur
perite. Perirà quando il potere legislativo sarà più corrotto di quello
esecutivo. Non sta a me di esaminare se gli Inglesi godono attualmente di questa
libertà, o no. Mi basta dire che essa è stabilita dalle loro leggi, e non chiedo
di più. Non pretendo con ciò di avvilire gli altri governi, né dichiarare che
questa libertà politica estrema debba mortificare quelli che ne hanno soltanto
una moderata. Come potrei dirlo io, che credo che non sia sempre desiderabile
nemmeno l'eccesso della ragione; e che gli uomini si adattino quasi sempre
meglio alle istituzioni di mezzo che a quelle estreme?" (libro XI
Lo
spirito delle leggi,
Montesquieu)