L'origine dei Rom e Sinti
Molti
miti sono stati creati sull'origine di quel misterioso popolo che è presente in
ogni paese occidentale e viene chiamato con diversi nomi, tali come Zigani,
Gitanos, Gypsies, Cigány, ecc., la cui denominazione corretta è Rom (o meglio,
Rhom) per la maggior parte dei gruppi oppure Sinti per altre comunità. Non
esporremo qui le leggende universalmente riconosciute come tali, ma l'ultimo
mito ed il più diffuso che è tuttavia tenuto in considerazione dagli studiosi:
la loro presunta etnicità indo-europea.
Il fatto che i Rom raggiunsero
l'Europa dopo un lungo viaggio che a quei tempi era iniziato in qualche regione
dell'India non implica affatto che quella fosse la loro terra d'origine. Tutti
dobbiamo provenire da qualche parte dove i propri antenati sono vissuti, magari
essendo anch'essi arrivati lì da un altro paese.
L'intera ipotesi che
sostiene la loro presunta etnicità indo-europea si fonda su un solo elemento: la
lingua romanì. Tale teoria non tiene alcun conto di fattori culturali molto più
rilevanti che mettono in evidenza il fatto che i Rom non hanno alcuna cosa in
comune con i popoli indiani al di fuori di elementi puramente linguistici. Se
dobbiamo prendere seriamente le ipotesi che si fondano sui soli indizi forniti
dalla lingua per determinare l'origine dei popoli. Insomma, la sola lingua non
costituisce una base sufficiente per determinare l'etnicità, e tutti gli altri
elementi culturali sono contrari alla presunta origine indiana dei Rom, compresi
alcuni indizi presenti nella stessa lingua romanì. I fattori più importanti che
permangono impressi nella cultura dei popoli sin dal passato più remoto sono di
natura spirituale, i quali si manifestano nei loro sentimenti più intimi,
comportamenti tipici, memoria collettiva, ovvero, un legame di carattere
atavico. In questo studio, inizierò esponendo i miti prima di presentare le
evidenze e l'ipotesi che ne deriva sulla vera origine dei Rom.
Gli
studiosi hanno fatto molti sforzi allo scopo di provare l'origine indiana dei
Rom. Una teoria che ultimamente sta raccogliendo successo nell'ambiente
intellettuale interessato all'argomento - e che è destinata a fallire come tutte
le ipotesi precedenti - presume aver individuato la "città" originale da cui i
Rom potrebbero provenire: Kànnaugi, in Uttar Pradesh, India. L'autore ha
comunque raggiunto alcune conclusioni valide che hanno discreditato tutte le
teorie precedenti, ma continuando sulla stessa traccia di quelle, cioè l'indizio
linguistico, ha mancato comunque il bersaglio. Infatti, l'autore fonda la sua
intera teoria sulla cosiddetta prova linguistica, che è assolutamente
insufficiente a spiegare i fattori culturali non collegati alla lingua e che
sono indubbiamente molto più rilevanti, e non provvede evidenze reali per
sostenere la sua teoria.
emergono i seguenti quesiti: Perché non esiste nessun popolo in India che abbia alcun rapporto con i Rom? Perché l'intera popolazione Rom emigrò senza lasciare la minima traccia di sé, o dei popoli imparentati con loro? C'è solo una risposta verosimile: perché non erano indiani, i loro origini non appartenevano a quella terra e la loro cultura era profondamente incompatibile con quella dei popoli indiani. Soltanto una minoranza religiosa può emigrare in massa da una terra in cui la maggioranza degli abitanti appartiene allo stesso ceppo etnico. Ed una minoranza religiosa in quei tempi implicava un credo "importato", non generato nel seno della società indoariana.. La cosiddetta prova che citano più frequentemente è che gli arabi chiamavano i Rom "zott", che significa "jat", da quando i Rom apparentemente giunsero nel Medio Oriente. Sinceramente, i racconti degli storici arabi sono leggermente più affidabili delle "1001 Notte" in quanto ad esattezza.
Solitamente i Rom sono stati chiamati in
diversi modi secondo la loro provenienza immediata, ad esempio in Europa i primi
Rom erano conosciuti come "bohémiens", "ungheresi" (questa denominazione è
ancora molto in uso in molti paesi), ecc., mentre gli arabi chiamavano loro
"zott", volendo dire "jat", perché provenenti dalla Valle dell'Indo. Non sono
mai stati chiamati "indiani" in Europa. Tuttavia, essendo i Rom arrivati in
Europa dall'Iran e l'Armenia attraverso il Bòsforo, è improbabile che siano
passati dall'Egitto - c'era nella loro propria memoria storica l'idea d'essere
stati una volta in Egitto, da dove i loro pellegrinaggi ebbero inizio, e
dichiaravano la loro origine più remota. In quel tempo, l'India era stata
completamente dimenticata. Prima di giungere in territorio bizantino, come
l'autore stesso ammette, i Rom vissero per un lungo periodo in paesi islamici,
ed è risaputo che chiunque abbraccia l'islam difficilmente si convertirà al
cristianesimo. Invece, quando i Rom arrivarono a Bisanzio erano già cristiani.
Dunque, sorge un quesito interessante: Come potevano i Rom conoscere LA
BIBBIA in territorio musulmano? Questo è qualcosa che l'autore non può spiegare,
perché i Rom non conoscevano le Scritture se non per sentito dire fino a tempi
recenti! Sicuramente in India, Persia e nelle terre degli arabi, dove sono
passati prima di arrivare in Europa, non potevano certamente aver mai sentito un
commento sulla Bibbia, e senz'altro neanche in Bisanzio o Europa, dove le
Scritture erano vietate alla gente comune e non erano scritte in lingua
corrente. Non esisteva alcuna possibilità che i Rom conoscessero la Bibbia, se
non perché la storia biblica era profondamente impressa nella propria memoria
collettiva. Questa memoria fu conservata durante il lungo esilio in India, in
maniera così forte che non adottarono nemmeno il più insignificante elemento
della cultura induista o di qualcun'altra esistente nell'India.
La
maggioranza dei Rom legge oggi la Bibbia, e tutti loro esclamano con stupore:
"Tutte le nostre leggi e regole sono scritte nella Bibbia!" - Nessun altro
popolo al mondo eccetto i Giudei può dire queste cose, nessun popolo dell'India,
né di nessun'altra terra:
"In ogni
caso, a Bisanzio in tempi lontani, gli indovini zingari erano chiamati
Aigyptissai, 'Egizi', ed il clero proibì a chiunque di consultarli per la
predizione della fortuna. Sulla base del libro d'Ezechiele (30:23), i Rom erano
chiamati Egizi non solo nei Balkani ma anche in Ungheria, dove nel passato vi si
riferiva a loro come 'popolo del Faraone' (Faraonépek), e nell'occidente, dove
parole d'origine greca in riferimento agli Egizi (Aigypt[an]oi, Gypsy e Gitano)
sono ampiamente usate per nominare il ramo atlantico del popolo
Rom".
Doveva
pur esserci un motivo per cui a Bisanzio erano chiamati Egizi, motivo che
l'autore non spiega. Ciò era perché i Rom stessi riconoscevano d'essere stati in
Egitto in un'epoca remota. C'è anche un'altra parola greca con cui i Rom erano
identificati a Bisanzio: "Athinganoi", di cui derivano i termini Cigány, Tsigan,
Zingaro, etc. I bizantini conoscevano perfettamente chi erano gli
Athinganoi, ed identificarono con loro i Rom. Infatti, la scarsa
informazione che abbiamo riguardante quel gruppo coincide in molti aspetti con
la descrizione dei Rom odierni. Non ci sono prove sufficienti per asserire che
gli Athinganoi erano Rom, ma non ci sono neanche evidenze del contrario.
L'unica ragione per cui si è rigettato a priori la possibilità che gli
Athinganoi possano identificarsi con i Rom è che quelli sono nominati in
documenti risalenti all'inizio del sesto secolo e.c., periodo in cui, secondo i
sostenitori incalliti della teoria dell'origine indiana, i Rom non dovevano
essere in Anatolia in quel periodo. Gli Athinganoi erano chiamati così a
causa delle loro leggi di purezza rituale, per cui ritenevano impuro il contatto
con altre persone, molto simili alle leggi Rom riguardanti i "gagè" (i non-Rom).
Praticavano la magia, la divinazione, l'incantare serpenti, ecc. ed il loro
credo era una specie di giudaismo "riformato" mescolato con cristianesimo (o con
zoroastrismo?), perché osservavano lo Shabat ed altri precetti mosaici,
credevano nell'Unità di Dio, ma non praticavano più la circoncisione e si
battezzavano (che non è esclusivamente in rito cristiano ma anche molto comune
fra gli adoratori del fuoco). In quanto agli Athinganoi, l'Enciclopedia
Giudaica dice: "possono essere considerati Ebrei".
Altro fatto significativo
è che i Rom attribuiscono il loro girovagare al Faraone, una particolarità
esclusiva degli Ebrei. I documenti più antichi concernenti l'arrivo dei Rom in
Europa riportano la loro dichiarazione d'essere stati schiavi del Faraone in
Egitto; quindi ci sono due possibilità: o questo era parte della loro memoria
storica oppure è qualcosa che si sono inventati per guadagnarsi il favore della
gente - la seconda possibilità è piuttosto improbabile, visto che una tale
dichiarazione poteva identificare loro soltanto con un popolo, precisamente
quello più odiato in Europa e quindi non certamente l'identità più idonea da
scegliere.
"Osservando i rimanenti d'una precedente migrazione egizia verso l'Asia Minore ed i Balkani, s'accorsero che sarebbe stato profittevole per loro dire d'essere cristiani d'Egitto perseguitati dai musulmani o condannati a girovagare in perpetuo per espiare la loro apostasia".
Questa
fu una "correzione" che fecero dopo aver capito che la loro versione originale
sul soggiorno in Egitto in servitù sotto il Faraone era controproducente perché
in questo modo erano etichettati come Giudei. Questa seconda versione è quella
che l'autore considera come "la più datata menzione di questa leggenda nel
sedicesimo secolo e.c.", ma il racconto originale era molto più antico. I Rom
non hanno mai detto di provenire dall'India fino a quando i gagè nel ventesimo
secolo dissero loro d'aver studiato molto e che la "scienza" stabiliva che erano
indiani!
La convinzione dell'autore che la patria originale dei Rom era la
città di Kànnaugi si fonda su una semplice congettura, assemblando degli
elementi dubbi che non provano nulla e che sono facilmente confutabili da altre
evidenze che esporrò più avanti. Ora leggiamo la sua ipotesi:
"...un
passo nel Kitab al-Yamini (libro dello Yamin) del cronista arabo Abu Nasr
Al-'Utbi (961-1040), riporta l'attacco che il sultano Mahmud di Ghazni perpetrò
sulla città imperiale di Kànnaugi, che si concluse con il saccheggio e la
distruzione, e la deportazione dei suoi abitanti in Afghanistan in dicembre
1018... Tuttavia, in base a cronache incomplete che menzionano solo poche
incursioni nel nordovest dell'India, non è stato possibile descrivere il
meccanismo di quest'esodo... questo descrive una razzia perpetrata nell'inverno
1018-1019, che giunse molto più ad est, oltre Mathura, fino alla prestigiosa
città medievale di Kànnaugi, 50 miglia a nordovest di Kanpur... Ad inizi
dell'undicesimo secolo, Kànnaugi (la Kanakubja del Mahabharata e del Ramayana),
s'estendeva su quattro miglia lungo le coste del Gange ed era ancora un
importante centro culturale ed economico dell'India settentrionale. Non solo i
più studiosi dei brahmini dell'India asseriscono di provenire da Kànnaugi (come
lo fanno tuttóra), ma era anche una città che raggiunse un alto livello di
civiltà nei termini che oggi definiremmo come democrazia, tolleranza, diritti
umani, pacifismo ed anche ecumenismo. Tuttavia, nell'inverno 1018-1019, un
esercito di predoni venne da Ghazni (Afghanistan) e catturò gli abitanti di
Kànnaugi per venderli come schiavi. Questa non fu la prima razzia del sultano,
ma quelle precedenti erano arrivate soltanto fino al Pundjab ed il Rajasthan.
Questa volta si spinse fino a Kànnaugi, una grande città con più di 50 mila
abitanti, e il 20 dicembre 1018 catturò l'intera popolazione, 'ricchi e poveri,
chiari e scuri [...] la maggior parte di loro erano dei 'notabili, artisti ed
artigiani' per venderli, 'intere famiglie', in Ghazni e Kabul (secondo il testo
di Al-'Utbi). Dopo, secondo lo stesso testo, Khorassan ed Iraq erano 'pieni di
questo popolo'.
Cosa ci porta a pensare che l'origine dei Rom ha a che fare
con questa razzia?"
Qui
l'autore dimostra che egli non è affatto interessato negli aspetti culturali dei
Rom, ma soltanto in trovare una loro possibile origine nell'India ed in
nessun altro posto. Di conseguenza, molti particolari importanti sono stati
trascurati. Per esempio:
·In quell'epoca, nella città di Kànnaugi regnava la
dinastia Pratihara, che non era indoariana ma bensì Gujjar, ovvero, Khazar.
Secondo i parametri linguistici, i termini indoariani "Gujjar" e "Gujrati" sono
derivati dal nome "Khazar" attraverso le regole di trasformazione fonetica: le
lingue indoariane non avendo i fonemi "kh" e "z" li trascrivono rispettivamente
"g" e "j". Di conseguenza, se i Rom erano gli abitanti di Kànnaugi, non erano
indoariani ma strettamente imparentati con gli odierni Ungheresi, i Bulgari, una
piccola parte dei Giudei Ashkenazim, i Bashkir, i Chuvash ed alcuni altri popoli
del Caucaso e del bacino del Volga... La denominazione "ungheresi" con cui sono
conosciuti in molti paesi occidentali non sarebbe quindi tanto imprecisa - più
esatta di quella di "indiani", sicuramente.
·Se i Rom fossero stati sempre in
India fino all'undicesimo secolo, come afferma l'autore, avrebbero certamente
praticato la religione più diffusa in quell'area, o perlomeno sarebbero stati
fortemente impregnati degli elementi culturali del brahmanesimo, soprattutto se
l'essere un brahmino di Kànnaugi è una qualità così prestigiosa. Ciononostante,
non esiste la più minima traccia di brahmanesimo nella spiritualità e nella
cultura romanì; al contrario, non c'è alcuna cosa più lontana dal "Romaimòs"
(l'essere Rom) che l'induismo, il giainismo, lo sikhismo e qualsiasi altro
"-ismo" d'origine indiana.
Com'è
possibile che non esista una casta sacerdotale tra i Rom? cos'è successo con i
presunti "brahmini Rom"? Tutti i popoli indoariani hanno una casta sacerdotale,
e molti altri popoli, compressi i Medo-Persiani (i magi) ed anche i popoli
semitici, eccetto uno: gli Israeliti del nord - dopo la loro separazione da
Yehudah, persero la Tribù Levitica e di conseguenza, nessuna Tribù fu adibita al
sacerdozio. C'erano notabili, artisti, artigiani, guerrieri ed ogni categoria
sociale tra gli Israeliti, ma non sacerdoti. Ciò ch'è altrettanto interessante è
il fatto che i notabili Israeliti erano molto apprezzati nelle corti dei re
pagani, e siccome avevano un particolare dono profetico, molti Israeliti
divennero dei magi in Persia, così come indovini ed incantatori. Da non
dimenticare che la pratica più comune tra i Rom sono i tarot (tarocchi),
un'invenzione ebraica.
Questo
fattore non implica che la loro origine sia l'area indostanica. È vero che la
lingua romanì s'è formata inizialmente in un contesto indoeuropeo, ma le stesse
parole "indiane" sono comuni ad altre lingue che esistevano fuori dal
subcontinente, ovvero in Mesopotamia. Le lingue urritiche sono l'origine più
verosimile delle lingue ìndiche (basta ricercare negli antichi testi Mitanni per
riconoscere che il sànscrito nacque in quella regione). Lingue collegate al
sànscrito si parlavano in una vasta area del Medio Oriente, compresso Canaan: i
biblici Horei (Hurriti o Urriti) abitavano nel Neghev, i Gevusei e gli Hivvei,
due tribù urrite, nell'area di Yehudah e Galilea. I Nord-Israeliti sono stati
inizialmente trasferiti a "Hala, Havur, Gozàn e nelle città dei Medi" (2Re 17:6)
- quella è precisamente la terra degli Urriti. Dopo la caduta di Ninive sotto
Babilonia, la maggioranza degli Urriti e parte degli esuli Israeliti emigrarono
verso est e fondarono Khwarezm, da dove si spinsero ulteriormente e
colonizzarono la Valle dell'Indo e l'alta Valle del Gange. È interessante notare
che certe parole della lingua romanì sono antico ebraico o aramaico, parole che
non potrebbero aver mai acquisito in un periodo successivo o nel loro passaggio
attraverso il Medio Oriente verso l'Europa, ma solo in un'epoca remota della
loro storia, prima del loro arrivo in India. Un caso particolare riguarda un
termine che nei dialetti del gruppo kalderash (russo-danubiani) e romanò-kalò
(dei Gitani spagnoli) ha due significati diversi: "kinas", nel primo
gruppo significa "comprare", quasi identico al termine ebraico con lo stesso
significato, mentre "kinar" nel secondo gruppo significa anche "rubare",
un termine connesso all'ebraico "g'nav" (g' e k in antico ebraico
avevano un suono più vicino tra di loro che nell'ebraico moderno). È
praticamente impossibile che due rami evoluti da un comune ceppo "indiano"
abbiano conservato uno stesso verbo con due significati diversi nella lingua
parlata dagli Israeliti e quasi sconosciuti quando i "primi" Rom presuntamente
arrivarono nel Medio Oriente, dove per puro caso potrebbero aver incontrato dei
Giudei di lingua aramaica. Un altro particolare linguistico interessante
riguarda i nomi dei giorni della settimana in romanès: anche se quattro di essi
sono adottati dai nomi pagani europei, gli altri tre hanno un rapporto diretto
con la cultura giudaica. Gli Israeliti nominavano i giorni in modo ordinale,
essendo lo Shabat, il sèttimo giorno, l'unico ad avere un nome proprio, che
corrisponde al romanì Sabatoné - ma più interessanti sono i nomi degli altri due
giorni: "Tetraginé" significa "il quarto giorno", evidentemente adottato dal
greco (tetra=quattro), e soltanto i Giudei considerano tale giorno come il
quarto della settimana; l'altro è "Parashtuné", il giorno precedente il Sàbato,
in cui la "Parashat" è letta nelle Sinagoghe, quindi, "giorno della Parashat"
(-né è il suffisso comune a tutti i nomi dei giorni). Ci sono altri vari
esempi nella lingua romanì che coincidono soltanto con l'ebraico. Inoltre, un
termine molto importante eppure mai tenuto in considerazione dagli studiosi
sostenitori della teoria dell'origine indiana è la propria denominazione etnica
"Rom". Non esiste nessuna menzione in alcun documento sànscrito di nessun popolo
Rom. Il significato del termine "rom" è "uomo", e c'è soltanto un'altra lingua
in cui questa parola aveva lo stesso significato: l'antico egizio. Secondo la
Bibbia, i Nord-Israeliti avevano delle differenze dialettali con i Giudei, ed
erano più legati alla cultura egizia come anche all'ambiente cananeo. La
religione d'Israele dopo la loro separazione da Yehudah richiamava quella
egizia, l'adorazione del vitello. Quindi, non è improbabile che la parola egizia
per definire l'uomo fosse ancora in uso nel Nord Israele, anche durante l'esilio
in Hanigalbat e Arrapkha, e dopo.
Un'altra parola interessante in lingua
romanì è "manrhò", che significa pane, e si pronuncia esattamente come in
ebraico "man-hu", che è ciò che gli Israeliti esclamarono quando trovarono la
"manna" nel deserto (Esodo 16:15). Tuttavia, siccome l'origine non dev'essere
cercata attraverso la lingua, non mi dilungherò oltre su questo
soggetto.
·
Le Evidenze
Ci sono fatti indiscutibili che riguardano il popolo Rom, i quali provvedono la chiave per scoprire la loro vera origine e permettono di elaborare un percorso storico fattibile. Qui intendo esporre alcuni di questi fattori:
Credenze
Il
credo dei Rom mostra le seguenti caratteristiche:
·Stretto monoteismo, senza
la minima traccia d'aver praticato nel passato alcuna presunta religione
politeista o panteista.
·Il carattere molto personale di Dio, Chi è
accessibile e con Chi è possibile persino discutere (concetto ebraico) - non è
irraggiungibile come Allah e neanche relativamente accessibile come nel
cristianesimo, che usualmente necessita d'un Mediatore per avere un contatto
personale con Lui.
·L'esistenza d'un mondo spirituale, che consiste in
spiriti puri ed impuri (concetto ebraico) e rappresentano il bene ed il male in
costante lotta -.
·La credenza nella morte come passaggio definitivo al mondo
spirituale (concetto ebraico). No c'è la minima traccia dell'idea della
reincarnazione.
·La persona morta è impura durante il suo viaggio verso il
regno degli spiriti (concetto ebraico), e tutte le cose connesse con la sua
morte sono impure, come lo sono anche i suoi parenti durante il periodo di lutto
(concetto ebraico).
·La destinazione dei Rom dopo la morte è il Paradiso,
mentre che i gagè possono essere redenti e meritare il Paradiso se sono stati
buoni con i Rom - concetto identico a quello giudaico di "giusto tra i
Goyim".
Questi
parametri di fede trascendono qualsiasi religione "ufficiale" che i Rom possano
confessare. Ci sono generalmente aspetti tradizionali e rituali che appartengono
alla loro confessione d'adozione, i quali i Rom esprimono in modo pittoresco ed
osservano con grande rispetto, come la "pomana", una pratica della chiesa
ortodossa, o altre cerimonie. Ci sono altri elementi complementari di natura
piuttosto superstiziosa, tutti i quali risalgono al culto del fuoco dell'antica
Persia. Alcuni di questi sono considerati validi all'interno della loro società,
come avere sempre il fuoco acceso in casa, giorno e notte, inverno ed estate
(una tradizione ancora osservata dalle famiglie più conservatrici, mentre
generalmente sta evolvendosi verso l'uso d'un fuoco "simbolico" come la TV
sempre accesa anche se di fatto nessuno la guarda). Altri costumi si praticano
solo esteriormente, come divinazione, chiromanzia, tarot, ecc. nelle cui potenti
virtù i Rom non credono ma usano queste pratiche come fonte di guadagno
dall'ambiente gagè. Questo è stato imparato dagli antichi magi ed alchimisti
Persiani.
Ci sono fondati motivi per credere che i Rom erano già cristiani
sin dal primo secolo e.c., cioè, prima di giungere in India o durante il primo
periodo del loro soggiorno in quella terra, ed è una ragione per cui non hanno
adottato alcun elemento indù nella loro concezione religiosa. Risulta infatti
che i Rom erano molto ben informati sul cristianesimo quando entrarono in
Europa, anche se non avevano avuto la possibilità d'aver mai letto la Bibbia.
C'e qualcosa di misterioso nella spiritualità romanì che negli ultimi decenni li
ha portato verso un approccio genuino verso i movimenti evangelici (la forma di
cristianesimo più vicina al giudaismo, senza santi né culto delle immagini) ed
ultimamente ad un passo successivo verso il giudaismo messianico. Non c'è nessun
altro popolo sulla terra che abbia esperimentato un così numero di conversioni
praticamente in massa in così poco tempo. Il fatto interessante è che tale
fenomeno non è il risultato d'attività missionaria ma d'una volontà autonoma e
spontanea.
Le leggi di purezza rituale, "marimè"
I
Rom classificano tutto in due categorie: "vuzhò" (=kosher, puro) o "marimè"
(impuro). Tale distinzione riguarda in primo luogo il corpo umano, ma s'estende
al mondo spirituale, alla casa o al campo, agli animali e le cose.
·Il corpo
umano: le regole concernenti le parti del corpo umano che devono ritenersi
impure sono esattamente le stesse che troviamo nella Torah Mosaica (Levitico,
cap. 15). In primo luogo, gli organi genitali, perché portano flussi dal corpo
interiore, e la parte inferiore del corpo, perché si trova sotto i genitali. La
parte superiore esterna del corpo è pura, e la bocca in primo luogo. Le mani
sono in stato di transizione, perché devono svolgere atti sia puri che impuri,
quindi devono essere lavate in modo particolare, ad esempio, se si deve mangiare
dopo aversi allacciato le scarpe o alzato dal letto (il letto è impuro perché a
contatto con la parte inferiore del corpo). Quando le mani sono state
contaminate, devono essere lavate con un sapone appositamente adibito a questo
scopo, ed asciugate con un panno altrettanto destinato per questo, per renderle
pure. Diversi saponi e panni per asciugare si usano sempre per le parti
superiore ed inferiore del corpo, e non possono essere scambiati.
·Vestiti:
devono differenziarsi accuratamente perché vanno lavati separatamente, in
recipienti adibiti ad ogni categoria. I panni impuri devono sempre lavarsi nella
bacinella marimè, e quelli puri sono ancora differenziati dalle tovaglie
e tovaglioli da tavolo, che hanno il proprio recipiente. I vestiti della parte
superiore del corpo e quelli dei bambini si lavano nella bacinella vuzhó,
mentre i vestiti della parte inferiore vanno in quella marimè. Tutti i
vestiti della donna durante le mestruazioni sono impuri e quindi si lavano con
gli articoli marimè. L'unico popolo che applica queste regole di lavaggio
a parte i Rom sono i Giudei.
·Il campo: prima della recente urbanizzazione
forzata, la dimora romanì era il campo piuttosto che la casa. Il campo gode
dello stato di purezza territoriale, per cui i bisogni fisiologici devono
espletarsi fuori dalle sue vicinanze (o gli eventuali gabinetti igienici si
costruiscono fuori dal campo); quest'è un precetto giudaico (Deuteronomio
23:12). Anche la spazzatura dev'essere gettata via ad una distanza accettabile
dal campo.
·Nascita: la nascita di un bambino è un evento impuro e deve
avvenire in una tenda isolata appena fuori dal campo, quando è possibile. Dopo
la nascita, la madre è considerata impura per quaranta giorni, soprattutto
durante la prima settimana: questa regola è esclusiva della Torah Mosaica -
Levitico 12:2-4 -. Durante questo periodo, la donna non può essere in contatto
con elementi puri o svolgere attività come cucinare oppure comparire in
pubblico, soprattutto in presenza degli anziani; ella non può assistere ai
servizi religiosi. Le sono assegnati piatti, bicchieri e posate, che vanno
gettati via una volta trascorsi i 40 giorni di purificazione; i vestiti che ha
indossato ed il suo letto sono bruciati, come anche la tenda o altra dimora dove
è stata durante quei 40 giorni. Questa legge è sconosciuta a tutti i popoli
eccetto i Giudei e i Rom .
·Morte:
così come nella Legge Giudaica, la morte di qualcuno comporta impurità rituale
per tutti e tutto ciò che abbia avuto relazione con quella persona in quel
momento. Tutto il cibo presente nella casa al momento della morte è buttato via,
e tutta la famiglia è impura per tre giorni.: questo non si trova nelle
Scritture Ebraiche, ma è un'idea comune in certe correnti mistiche giudaiche. Il
concetto che il contatto con un corpo morto comporti impurità non esiste in
nessuna tradizione antica eccetto nella Bibbia Ebraica (Levitico 21:1). Com'è
stabilito dalla Legge Giudaica, anche fra i Rom il morto dev'essere seppellito e
non può essere incenerito.
·Cose: possono essere marimè per natura o
per uso, o essere contaminate per circostanze incidentali. Qualunque cosa che
viene a contatto con la parte inferiore del corpo è impura, come le scarpe,
sedie, ecc., mentre i tavoli sono puri. Le regole riguardanti queste leggi sono
descritte in Levitico 15 ed altre Scritture Ebraiche.
·Animali: i Rom
considerano gli animali puri o impuri, anche se i parametri per definirli sono
diversi da quelli giudaici. Per esempio, cani e gatti sono marimè perché
si leccano, cavalli, asini ed ogni animale da sella è impuro perché la gente ci
si siede sopra, e così via.
·Spiriti: gli spiriti maligni sono
marimè, che è un concetto ebraico.
Leggi matrimoniali
Il
fidanzamento e matrimonio romanì si celebrano nello stesso modo che nell'antico
Israele. I genitori d'entrambi sposi svolgono un ruolo essenziale nel disporre
la dote della sposa ed il matrimonio si celebra all'interno della comunità Rom,
senza alcuna partecipazione delle istituzioni gagè. In caso che la ragazza
scappa via con il suo fidanzato senza il consenso dei genitori, la coppia è
considerata come sposata a tutti gli effetti, ma la famiglia dello sposo deve
pagare un risarcimento a quella della sposa, che generalmente equivale al doppio
della dote. Questo risarcimento si chiama "kepara", una parola che ha lo stesso
significato dell'ebraico "kfar" (Deuteronomio 22:28-29). Il pagamento della dote
da parte della famiglia dello sposo è una regola biblica, esattamente l'opposto
di quanto avviene nei popoli indiani, in cui sono i genitori della sposa a
pagare a quelli dello sposo.
C'è un precetto particolare che dev'essere
osservato per consolidare il matrimonio, il "panno di prova di verginità", che
dev'essere mostrato alla comunità dopo il primo rapporto sessuale - questa
regola si trova nella Torah, Deuteronomio 22:15-17. Certamente, in caso di una
coppia fuggitiva tale regola non ha alcun senso e di conseguenza non viene
osservata.
Comportamento sociale
Così
come i Giudei, i Rom assumono diversi parametri comportamentali per i rapporti
con il proprio popolo e per l'interazione con gli altri, e si può stabilire con
certezza che le opposizioni Rom/gagè e Giudei/goyim sono regolate in maniera
assai simile, magari identiche in quasi tutti i dettagli.
Siccome i gagè non
conoscono le leggi che regolano il marimè, essi sono sospetti d'essere
impuri o si assume che lo siano, di conseguenza, i Rom non alloggiano in case
dei gagè e non mangiano con i gagè; alcuni Rom nemmeno entrano in una casa di
gagè - la stessa usanza si trova nell'antico Israele, ed è tuttóra praticata dai
Giudei ortodossi. I gagè che diventano amici dei Rom sono ammessi una volta che
sono al corrente delle regole fondamentali da osservare in modo di non offendere
la comunità, e dopo aver superato delle "prove" d'affidabilità. In altre
situazioni, le istituzioni gagè sono usate come "zona franca", dove si possono
svolgere attività impure necessarie - un esempio tipico è l'ospedale, che
permette d'evitare la sistemazione d'una tenda apposita per le
nascite.
Cortesia, rispetto ed ospitalità sono obbligatorie fra i Rom. Quando
si salutano l'uno l'altro si deve domandare per le rispettive famiglie
desiderando a tutti i membri bene e salute, anche se s'incontrano per la prima
volta e di fatto non si conoscono le famiglie. L'autopresentazione include i
nomi dei genitori, avoli e quante generazioni si ricordino - il nome e cognome
anagrafici non hanno alcuna rilevanza; i Rom si chiamano come nell'antico
Israele, A figlio di B, figlio di C, della famiglia dei D. Questo sistema è
comunque comune a molti popoli medioorientali, tuttavia il modo come lo
formulano i Rom è assai biblico.
Le cause giudiziarie fra i Rom si devono
presentare all'assemblea degli anziani della comunità , come prescritto nella
Legge Mosaica. L'assemblea degli anziani Rom si chiama "kris", ed è una
vera e propria Corte di Giustizia, le cui decisioni devono essere ubbidite,
altrimenti la parte ribelle può essere messa al bando dalla comunità romanì. I
casi generalmente non sono così gravi da non potersi risolvere con il pagamento
di un'ammenda, come regolato dalla Torah (Esodo 21:22; 22:9; Deuteronomio
22:16-19).
perché la sua
famiglia mantiene lo stile di vita romanì più "ortodosso", ma anche perché è un
intellettuale che ha raggiunto un alto grado d'istruzione:
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